Salerno Città della Ceramica

Il territorio di Salerno in relazione all’interesse per la ceramica, così come si è configurato nel corso degli oltre 8 secoli che hanno dato vita a una vicenda in cui è protagonista la relazione socio-culturale tra la frazione comunale di Ogliara e il Comune capoluogo di Salerno.
Si tratta di un territorio largo, su cui incide il desiderio collettivo della città, per riconoscersi in una storia comune in cui è possibile identificare situazioni, connessioni e fatti, in grado di costituire la prospettiva identitaria del luogo, attraverso il dipanarsi di un “fil rouge” che unisce voci e gesta dei protagonisti, in attività significative del territorio.
Un simile rapporto è ontologicamente portatore di un patrimonio culturale diffuso che sollecita la partecipazione attiva di settori significativi della comunità; istituzionali, produttivi, culturali. Tutti in ugual misura incaricati di una mission non solo economica ma anche di educazione permanente, quale memoria storica e “genius loci”. Un posto dove vivere il confronto tra abitudini, riflessioni e attività di produzione che non siano solo basate sul mito diffuso del passato idilliaco.
L’interesse al tema specifico della ceramica d’arte è determinato dalla situazione odierna, caratterizzata dalla presenza di operatori che alla buona manifattura artigianale accompagnano una notevole creatività, cosicché la pratica dell’antica tradizione si connette alla elaborazione di colori e forme nuove, che nascono dall’attività di ricerca e sperimentazione contemporanea.
Ciò premesso, si pone la domanda e si consuma una risposta, su quali siano il tessuto, la rete operativa, i modelli e gli antecedenti che hanno ispirato e anche condizionato lo svolgimento della lavorazione della ceramica a Salerno e nelle sue frazioni.
Attraversando il territorio comunale, si può partire dall’area archeologica di Fratte e dalla presenza del fiume Irno, dal paesaggio dell’Argilla e delle fornaci del cotto di Rufoli che si specchiano sotto il Monte Stella.
Con questo sguardo ampio è possibile recuperare le radici storiche di insediamenti multipli che ci spingono poi a parlare di nuova identità evolutiva della città.
La rinascita della “via del Fuoco” avutasi nell’ultimo trentennio, attesta la presenza di un’antica area artigianale che godeva e gode del “vento napolitano” che arriva dal mare e consente di asciugare i manufatti prima della cottura. La storia si racconta insieme alla rivitalizzazione del centro storico, con la nascita di alcune botteghe della ceramica.
La ricostruzione storica sull’evoluzione del mercato cotto, ci consegna una narrazione compiuta che racconta delle fornaci di Rufoli fin dalla loro nascita che si fa risalire tra il 932 e il 1032.
Prima di questo periodo le cave di argilla erano già conosciute ed utilizzate dalle città della Magna Grecia come Velia e Paestum per la creazione dei manufatti di uso quotidiano come dimostrato dal Dott. De Bonis nella sua tesi di dottorato in Geologia.

Non deve mancare l’attenzione sul complesso monumentale del Castello di Arechi che dall’ottobre 2009 ospita il Museo medievale contenente i reperti di ceramica ivi rinvenuti durante le campagne di scavo.
La documentazione relativa al materiale del castello proviene sia dai lavori di restauro degli anni 70/80, sia dalle indagini di scavo condotte dal 1991. Il copiosissimo materiale ceramico presenta una continuità che attesta non solo una pressoché ininterrotta frequentazione del complesso ma anche una folta dimestichezza con l’uso della materia lavorata le cui vestigia sono catalogate e rese fruibili al pubblico. In particolare poiché il castello tra la fine del IX e l’inizio dell’XI secolo ha ospitato vari presidi militari, la ceramica ivi rinvenuta è riconducibile prevalentemente a stoviglie di uso comune per la sussistenza dei soldati . Le produzioni ceramiche da cucina e da dispensa quasi sempre sono state effettuate in serie e sono di provenienza locale. A cavallo del nuovo millennio, il castello fu abitato da un dominus, per cui accanto alle stoviglie da mensa e da dispensa si ritrovano manufatti più raffinati e costosi provenienti prevalentemente dal Maghreb (visto l’intenso traffico commerciale tra Nord Africa e Campania). Per quanto afferisce alle tipologie ceramiche, sono stati identificati frammenti di: ceramica a bande rosse, ceramica spiral ware, ceramica invetriata, ceramica graffita e protomaiolica.

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La storia seguente percorre i seguenti punti salienti:

• Nel Medioevo la grande crescita della città di Salerno rese necessaria una produzione importante di materiali laterizi come mattoni, tegole e chiaramente mattonelle.

• La produzione, esclusivamente estiva, vista l’impossibilità di accedere alle cave durante i mesi invernali, era importante e divisa in 15 fornaci. Si stima che potevano essere prodotte più di 50000 mq di mattonelle all’anno. Chiaramente il mercato di riferimento non poteva essere solo la città di Salerno ma le merci venivano sicuramente già esportate.

• A partire dal ‘600 la produzione delle mattonelle diventa predominante e le Fornaci di Rufoli di Salerno, diventano dei produttori conto terzi delle ceramiche artistiche Vietresi e Napoletane.

• Nei palazzi nobiliari del Regno di Napoli, si utilizzavano le ceramiche in cotto in tutti gli ambienti dove si evitava di utilizzare il marmo per via dei costi. Spesso i pavimenti in cotto erano ricoperti di una ceralacca a base di sangue di bue per ottenere un risultato più omogeneo possibile. Questo mercato rimane sostanzialmente invariato fino al secondo dopoguerra del secolo scoro.

• Con la ricostruzione il mercato principale diventa Roma, per via di una rivendita che assorbiva quasi tutta la produzione delle cinque fornaci, allora ancora in attività. La produzione era destinata ai palazzi e alle residenze più prestigiose in Italia ed in Europa. In seguito gli anni ’70 del ‘900, segnarono il punto più basso nel quale tutte le fornaci furono abbandonate. Il cotto fatto a mano, che era stato fino a quel momento il supporto per le ceramiche, fu abbandonato, preferendo dei supporti industriali molto più economici.

• I fratelli De Martino che già producevano le argille, intuirono il valore di quella produzione che stava per andare perduta e rilevarono la fornace del nonno. Il cotto, sostanzialmente da sempre un prodotto povero e destinato agli ambienti secondari dei palazzi, acquisisce un valore nuovo dato dall’unicità della manifattura e dal tipo di cottura.

• Un ambito particolare in questo ideale percorso della tradizione, spetta alla manifattura “N.I.C.A.” (Nuova Industria Ceramica Artistica) che fu attiva, con una produzione di terraglie e maioliche in stile tradizionale, moderno e rustico, a Salerno in via Gelso 4, negli anni del secondo dopo guerra.

• Quasi contemporaneamente, fu nota e particolarmente conosciuta la fabbrica di ceramiche Ernestine, attiva nel salernitano a partire dal 1948, fondata dall’architetto Matteo D’Agostino, già titolare della D’Agostino ceramiche e dalla sua compagna, l’americana Ernestine Virden Cannon che ricoprì il ruolo di direttrice artistica.
Tra i primi ceramisti attivi presso la manifattura ricordiamo Carmine Carrer. La fabbrica, dopo alcuni anni dalla fondazione, si sposta dai laboratori di Brignano di Fratte nello stabilimento di via Irno a Salerno. La direzione della manifattura, forte delle più moderne attrezzature, fu affidata a Diodoro Costa. Nel 1950 inizia a collaborare con la manifattura il tecnico ceramista tedesco, Ing. Hors Simonis che sperimenta con successo l’uso di nuove miscele di terre e nuovi smalti e pigmenti. Nello stesso anno alcune ceramiche della ditta sono esposte alla Mostra dell’Artigianato Italiano, al Brooklyn Museum di New York. Nella seconda metà degli anni Cinquanta la manifattura, che produce lavori in maiolica di stile moderno e pezzi in biscotto destinati alla decorazione eseguita da decoratori vietresi tra cui Renato Rossi, apre dei laboratori a Salerno, in via Roma 33. Negli anni collaborano con la manifattura numerosi artisti e artigiani tra cui Nino Caruso, Rudolph Christman, Giacomo Onestini e Lamberto Tastardi. La produzione, che riscuote un grande successo specialmente negli Stati Uniti, cessa nel 1968, con la morte di Matteo D’Agostino.

museo città creativa

museo città creativa

La creazione della “Ernestine” mette in campo un repertorio inedito, allontanandosi dai vecchi canoni e dalle modalità vietresi individuando una voce inventiva tutta salernitana, sperimentando per prima oggetti di pura decorazione artistica, abbinati alla produzione di stoviglie e suppellettili per la casa, segno del cambiamento moderno. Tutto ciò la conferma come singolare laboratorio del design nel meridione d’Italia alla fine degli anni quaranta., fonte di idee e di progettazioni nuove.

In definitiva l’innovazione del prodotto ceramico partì con le forme di Matteo D’Agostino, proseguì con la forza del disegno floreale ed elegante di Ernestine Cannon ed infine culminò nelle eccezionali invenzioni cromatiche e tecnologiche di Horst Simonis.

Sono ormai una prova certa i rapporti intercorsi fra l’artista Giò Ponti e Matteo D’Agostino. La loro collaborazione lavorativa viene documentata dall’ordine che Ponti come committente aveva fatto alla “Ceramica M. D’Agostino Salerno circa un grosso quantitativo di mattonelle per rivestimenti di alberghi, ma anche dalla presenza pubblicitaria e pluriennale della Ernestine sulla rivista “Domus” diretta proprio da Giò Ponti. Fu un momento di grande successo per la fabbrica salernitana grazie a una manifattura estremamente avveniristica e sperimentale che ha svelato un fascino disegnativo e cromatico. In essa vengono esposti vasi, piatti, lampade e arredi per la casa che ancora oggi rappresentano un fiore all’occhiello della produzione ceramica locale.

È necessario soffermarsi sul ceramista, oltre che pittore, Renato Rossi, detto il “Professore”, attivo a Vietri già dagli anni Venti. Il Rossi assume importanza fondamentale per l’arte ceramica salernitana, in quanto dal 1931 fu Direttore e insegnante di decorazione e disegno presso la “Regia Scuola di Ceramica di Salerno” in seguito denominato “Istituto Artistico Trani”. Affiancando l’attività dell’insegnamento, seppe raggiungere importanti successi, realizzando su ceramica decori di vedute paesaggistiche di grande qualità. Nel 1941 realizza il pannello in maiolica “Il Sogno di Bellerofonte” posto sulla facciata sud della Prefettura di Salerno e ispirato alla pittura di Sironi e Severini. Renato Rossi fu maestro di schiere di ceramisti tra cui ricordiamo il noto Maestro dell’arte Ceramica Giovanni Cappetti, al secol Giancappetti. Salernitano doc, nato nel centro storico di Salerno in via Gaetano Esposito n. 1 in quel nel quartiere delle Fornelle, che forse si chiama così per la presenza di forni per la cottura delle ceramiche, che gli antichi abitanti, provenienti in gran parte dalla vicina Vietri sul Mare, avevano impiantato nella zona.
Giancappetti fu raffinato, elegante e stimato Artista contemporaneo della grande tradizione dell’Italia del Sud dell’Arte Ceramica. Ha raggiunto fama internazionale soprattutto per le sue riproduzioni dei capolavori napoletani del Settecento, ad esempio il Chiostro in maiolica della Chiesa di Santa Chiara a Napoli (1739-1742), dove abbiamo una sequenza di sessanta bellissime panchine alternate con colonne a sezione ottagonale rivestite di maioliche. Le sue opere sono state esposte e hanno ricevuto riconoscimenti in tutto il mondo. Dal successo all’Esposizione presso il Gruppo Farnese a Milano nel 1989, al Centro Bagatelle a Parigi, a New York, per le celebrazioni colombiane del 1992, è possibile trovare le sue produzioni in ville importanti, chiostri, monasteri e chiese tra le quali questi si ricordano: il Convento dei Cappuccini a Salerno, Palazzo S. Agostino, sede del Consiglio Provinciale di Salerno, Pontificio Istituto Angelicum a Roma. Le sue realizzazioni sono state pubblicate su varie riviste italiane ed estere.

• In seguito, negli anni della contemporaneità, la produzione e il mercato, da locale, diventa sempre più ampio, affacciandosi anche al mercato estero. Il meccanismo di vendita principale è sempre stata la relazione e la mediazione con gli studi di architettura. La stretta relazione con questi e il desiderio di essere sempre rispondenti al cambiamento delle esigenze e dei gusti ha consentito all’impresa De Martino di poter crescere e tenere le redini della conservazione di una produzione artigianale millenaria che non è andata perduta.

• Nel Libro Identità e Sviluppo, di Pasquale Persico, si può seguire il momento evolutivo e la discontinuità contemporanea in termini di vantaggio competitivo localizzato.

• Nel Libro Identità e Sviluppo, di Pasquale Persico, si può seguire il momento evolutivo e la discontinuità contemporanea in termini di vantaggio competitivo localizzato.

• Oggi il mercato di riferimento è quasi totalmente all’estero e principalmente in Asia. Il meccanismo di vendita principale rimane la relazione ma mediante il lavoro costante sulla comunicazione online degli ultimi dieci anni, si riescono ad ottenere ottimi risultati anche con i nuovi canali elettronici di sviluppo. Dalla finestra sul mercato si nota un momento molto favorevole per la ceramica, specialmente per quella artigianale: un desiderio forte di materiali naturali e la duttilità della materia capace di essere estremamente personalizzabile, sono tra le chiavi del successo. Vi è una vasta area di crescita, e non solo per quanto riguarda i pavimenti. Infatti si nota una grande domanda di laterizi fatti a mano come mattoni e tegole anche se una delle potenzialità inespresse riguardano gli oggetti di design. C’è una grande richiesta di manifatture che producano oggetti su disegno, sullo stesso modello che si usa per produrre i pavimenti. Manca completamente una risposta a questa domanda del mercato ed è qui che una sinergia tra vari attori del territorio può avere un’opportunità. Un piccolo tesoro è rappresentato dalle competenze che con fatica si conservano e quotidianamente si sviluppano nelle fornaci. Queste rappresentano un ulteriore valore da mettere in condivisione che può rappresentare un’offerta formativa di livello avanzato sui temi della manifattura, degli impasti, delle cotture della decorazione. L’estrema particolarità della produzione e della lavorazione dell’argilla a Rufoli con la sua storia millenaria e gli edifici medievali rappresentano la base per la creazione di un’offerta turistica o meglio antituristica nel senso definita da Claude Rothstein, nipote di Francesco Saverio Nitti che vive in costa azzurra, non distante dalla foresta demaniale dell’Esterel, cioè per persone capaci di capire, come sia interessante aderire ad un modello di sviluppo in grado di preservare una identità percepita di paesaggi in amicizia.

• In questo contesto si anima la rinascita e l’evoluzione dello spazio urbano, in cui si staglia l’installazione della “Fontana Felice”. Questa è un’opera in ceramica di Ugo Marano, generata a Rufoli ed insediata in Largo S. Pietro nel centro di Salerno, che racconta la necessità di far correre le periferie verso mille direzioni , come processo rigenerativo e di ricerca della città che viene.

• La fontana e la sua storia diventano il racconto dell’evoluzione di un cerchio di apprendimento sull’arte regina, strega della magia, la ceramica e il fare cotto del sublime. Architetti famosi, designer, costruttori e inventori di luoghi sono arrivati da più luoghi del mondo e hanno fatto uso a piene mani della tradizione di deriva.

• Sir David Alan Chipperfield ed i suoi allievi di Colonia, per primi hanno pensato di ricoprire il Palazzo di Giustizia di Salerno con i colori del cotto color terra. Lo sviluppo dei progetti pensati non è stato facile. Non si tratta soltanto di sussidio pubblico, o di ingegneria finanziaria e neanche soltanto di regole di appalto, ma si tratta soprattutto di un’intrapresa a reciprocità complessa, istituzionale e tra varie competenze.

• Dall’inizio di storia della città, la metamorfosi incide anche nella frazione di Ogliara che può raccontare la sua storia stilizzata con due fornaci che segnalano il salto di scala e di scopo ben augurante anche per le altre fornaci. Viene riconosciuto il vantaggio competitivo localizzato e la nuova domanda di design, come si diceva, si esprime soprattutto nei mercati internazionali. Si Riparte da New York, Madrid e poi la Francia ed oggi l’Oriente, Corea, Giappone e Cina.

Il Museo Città Creativa può raccontare la sua storia con artisti ed architetti in mostra, a partire dalla sua veloce creazione in magazzini abbandonati, oggi è lo specchio di una parte di città che vuole stare in rete con gli altri musei e luoghi di cultura. La prospettiva di un nuovo standard materiale ed immateriale è in piena programmazione.
Oggi nella frazione di Rufoli, il museo pone alla base della sua reviviscenza, l’essere non solo un luogo di raccolta, di conservazione, di studio della vita quotidiana e delle culture passate e presenti ma anche delle produzioni artigianali di donne e degli uomini che vivono sia nel territorio sia fuori da esso. L’istituzione si caratterizza come luogo di partecipazione sociale, di elaborazione culturale e di ricerca scientifica e intende rappresentare un’occasione di confronto con l’alterità, nel tempo, nella società, nello spazio, offrendo ai visitatori occasioni di analisi e di riflessione sulle abitudini altrui ma anche sulle proprie. L’esposizione, sia con gli allestimenti permanenti sia con le mostre temporanee sono il momento più evidente della comunicazione e della divulgazione. Il Museo promuove in particolare, l’incontro tra le generazioni e il contatto diretto tra portatori delle culture tradizionali ceramiche e tra i visitatori con interviste aperte al pubblico, conferenze, seminari, presentazioni delle ricerche promosse da altri studiosi ma soprattutto dai laboratori esperienziali con cui si avvicinano i giovani alla ceramica, al fare e al saper fare. Un luogo dove si mostra il passato e si consente allo stesso passato di rigenerarsi e vivere il presente progettando il futuro, rifiutando il destino di non luogo.

Fra le mostre storico-monografiche importanti sono da annoverare:

• La mostra di Antonio Franchini tenutasi alla fine del 2000 inizio 2001 che ha messo a fuoco un personaggio di grande innovazione per le idee ceramiche su mattonella appartenenti ad un geometrismo lirico molto originale: Franchini bolognese di nascita ma salernitano di adozione operante fin dal ’57 presso la CAS dei Solimene. Ebbe un breve periodo presso Albissola realizzando la Passeggiata degli artisti lungo il mare per poi tornare a Vietri dove è restato fino alla sua morte.

• La grande retrospettiva su Horst Simonis, (2003-2004) l’ingegnere ceramico che aveva sperimentato presso la fabbrica salernitana Ernestine i nuovi smalti come il rosso selenio ed il blu Simonis. Uno sperimentatore geniale che nell’ultimo periodo della sua vita aveva persino brevettato un nuovo modo di isolare ed annientare l’amianto con l’argilla.

• Alla mostra su Simonis scopritore ed artista seguì quella che ricostruiva dettagliatamente la storia della Ernestine che era il nome della Cannon, la donna americana che la gestì insieme a Matteo D’Agostino con una esposizione di più di duecento pezzi rinvenuti anche presso collezionisti. Fu la prima ed unica esposizione che ricostruì per intero il percorso di una fabbrica salernitana nata come appendice dell’attività della già affermata D’Agostino ma che in soli vent’anni dal 1950 al 1970 aveva dato una vera e propria alternativa sia nelle forme che nei colori alla ceramica vietrese che in quegli anni continuava a reiterare le immagini, gli smalti del gruppo tedesco capitanato da Richard Dolker, ma stava scivolando oramai dalla iniziale originalità in una ripetizione standardizzata da souvenir.

Dall’anno 2001 con la direzione di Gabriella Taddeo molti sono stati gli scambi con altre città ceramiche anche d’oltreconfine: Rouen, Honduras, Parigi, Whaterbury per citare i più importanti.

• Lo scambio con Rouen fortemente voluto da Mauro Scarlato, Assessore allo sviluppo nel 2005, fu più che altro commerciale e turistico. Per l’occasione fu creato un Comitato di gemellaggio che portò al realizzarsi di una serie di visite reciproche oltre che alle Fornaci ai due musei della ceramica ed alla partecipazione del cotto De martino alla Fiera commerciale della cittadina francese.

Honduras: l’incontro con le due sorelle ceramiste honduregne Magdalena e Ubaldina Manzanares avvenne nell’aprile del 2006. Le due artiste effettuarono uno scambio di esperienze e di idee con i ceramisti del luogo in particolare con Enzo Caruso. Fu costruito un forno en plein air davanti alle Fornaci de Martino e producendo una serie di manufatti in monocottura che furono esposti presso Città Creativa e furono tutti acquistati direttamente dalle due artiste.

Ogliara – Parigi – Ogliara ha costituito uno scambio prima di tutto fra due artisti il francese Jean- Pierre Duriez, pittore e già regista televisivo francese e la ceramista Patrizia Grieco. Lo scambio ha consentito di esportare il nostro territorio e di far conoscere il cotto Rufoli in Francia. La mostra di dipinti ispiratori di Jean Pierre e delle sculture della Grieco si tenne nel Centre Danmark degli Champs Elisees nel 2014 e buona parte delle opere furono acquisite dal ristorante sottostante il centro trattandosi per lo più di riproduzioni di personaggi famosi come alcuni chefs francesi. La stessa esposizione in formato ridotto si tenne subito dopo al Museo Città creativa.

• Lo scambio con la Brass City invece è più recente. Alcuni artisti del gruppo che lavorava presso la Fornace De martino, parteciparono al progetto “On the trail of Calder” (sulle tracce di Alexandre Calder), il famoso inventore dei “mobile”. Il Mattatuck Museum di Waterbury, la brass city che fornisce le strutture in ferro per i grattacieli americani, affidò loro l’obiettivo di far rivivere il grande scultore e cioè di inventare nuovi mobiles, rinnovando la difficile arte della leggerezza scultorea. I cinque artisti Raffaele Falcone, Eduardo Giannattasio, Vincenzo Liguori, Deborah Napoletano e William Papaleo, hanno soggiornato per l’intero mese di ottobre 2017 nella città del ferro dove il comune ha riaperto ed allestito una delle officine dove il grande scultore lavorò fianco a fianco con Juan Mirò e sono stati affiancati dalle maestranze locali. Nell’occasione hanno realizzato cinque grandi opere in ferro che poi dopo alcuni mesi sono state installate in cinque punti strategici della città. Infine due mostre hanno coronato il successo del progetto con i modellini delle sculture una in America e la seconda presso città creativa. Uno scambio eccellente che promuove la manualità, l’arte, il territorio.

Ultimo aggiornamento

10 Gennaio 2024, 07:28

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